Il guerriero e le ferite
Hai ragione tu, amico mio.
Un guerriero e le ferite. Può sembrare questo, certe volte, la mia vita. Un guerriero che lotta e che, sanguinante, insiste nella battaglia e vince, magari, e si gode traguardi, e va avanti e nemmeno guarda dove, e nemmeno guarda con chi, accanto. Sì, può sembrarlo. E forse lo è. Forse lo sono. Un guerriero con addosso il sangue rappreso di mille battaglie andate.
E hai ragione ancora, quando parli di insoddisfazione. Il seme di distacco che tiene lontani un uomo e la sua felicità. L’insoddisfazione di saper essere qualcosa senza essere qualcuno, con la sola sterile ambizione di poterlo diventare. Eppure, a volte, non sembrano esserci alternative valide perché, come dici tu, non esistono altre sfide. Altri appassionanti duelli.
Poi hai ragione ancora tu. Si è imperfetti, si è talmente strani da camminarsi addosso, farsi male certe volte, senza rendersene conto. Né volerlo. E lo spazio. Lo spazio è un discorso del cavolo. Lo spazio c’è ma non basta. Lo spazio tra due persone è sempre tanto o poco, è sempre nero o bianco, è sempre una cazzo di terapia da seguire con accuratezza. Tra me e te c’è spazio, ed è normale, ma sento diminuirlo. Sento che ci stringiamo, e diventiamo qualcosa. E questo è lo splendore di camminarsi accanto.
Che dentro ci sia una battaglia non lo posso negare. Ne sono cosciente. Ne sono insoddisfatto, ma complice. Nel senso che credo siano questi carboni ardenti sotto il cuore a portarmi l’ansia e la fretta (aspetti negativi), e a portarmi l’ambizione sana e l’impegno (aspetti positivi). E’ dalla dialettica che se ne viene fuori la crescita. Però è un discorso gelido, che meriterebbe occhi più attenti orecchie ritte, palpitazioni. Invece spesso non parlo di me per paura di farlo, di arrivare da qualche parte che non so e che non voglio. Come se stessi eternamente alla fermata dell’autobus senza salirci mai, vedendone mille sfilarmi continuamente davanti.
Comunque grazie. Grazie del guerriero e grazie delle ferite, perché vanno di pari passo, ma non per questo deve essere giusto così. Grazie delle parole e di quanto tu possa aver scostato il velo su quel che c’è, in me, e che non vedo. Non so quanto si possa dire che le direzioni di una vita siano casuali, il fatto è che incontrarsi fa parte delle famose “briciole” di cui ho parlato giorni fa. Noi ci siamo incontrati, adesso è ora di andare. Forse la vita è lottare insieme la stessa battaglia, forse solo andare insieme da qualche parte, o forse tenersi stretti. Questo non lo so. Però credo che, se da oggi in poi sarò più cauto con me stesso e conoscerò anche solo un frammento di più quel che sono, questo lo devo a te, che sei entrato nel campo di battaglia in cui continuavo a sferzare colpi senza sennò, ti sei avvicinato al mio orecchio e, sottovoce, hai detto: “Cosa stai facendo?”.
Quello è stato un momento importante, un crocevia. E lo devo a te.
Roberto