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Fotografie mancanti

Nell’album della mia vita mancano fotografie.

Lo sfoglio e ogni tanto una pagina è vuota. Mancano ricordi. Manca quel che sono stato in altri tempi, in parentesi del mio passato chiuse e lontane. Mancano “Me stesso” che non mi appartengono e che ho dimenticato in tasche di giacchetti che non metto più, nelle riviste che leggevo e che conservo dentro scatoloni impolverati, nella musica ascoltata con gli occhi fissi al soffitto.

Manca molto di ciò che sono stato. Mancano serenità semplici e facili divertimenti. Manca ciò che sei quando credi che resterai sempre in quel modo. Sempre appagato di niente, sempre fremente. Eppure crescere è doveroso, immancabile. E si cresce con direzioni talmente casuali da far spavento, direttrici imboccate per qualche incontro giusto (o sbagliato), per un sorriso o una semplice conoscenza. Si cresce a caso, finchè non ci si ritrova soli, in un momento preciso, a fare i conti con quel che si è diventati.

Questo periodo per me è uno di quei momenti, solo dilatato. Faccio i conti con me, con quel che avrei voluto, e quel che sono. Quello che vedevo come orizzonte ed era di carta, solo scenografia di un teatro in cui mi ostinavo a recitare parti finte. E faccio i conti con le parole che ho tirato fuori, e spargo nel mondo con umile volontà di condivisione. Faccio i conti con quel che so, che ho imparato e spero di imparare. In questa operazione matematica tra crescere e diventare, mi colgo immobile, frastornato un po’ dai cambiamenti che la vita attua senza tener conto dei tempi di un cuore, di un’anima.

E in questo quasi giorno-del-giudizio-personale avverto una percezione molto bella. La strada davanti, come un sentiero infinito ai cui bordi fioriscono violette, un sentiero che insegue un’alba, verso un giorno sempre nuovo. La strada davanti, lastricata di speranze come certe piazze di Lisbona, verso luci che si allontanano dal bosco del ricordo su per le montagne che rappresentano ogni esistenza umana.

E all’improvviso ricordo persino le foto che in quelle pagine non ci sono più. Quelle legate a momenti tristi, che proprio io, magari, in un momento di rabbia ho strappato e buttato via. Ricordo i ricordi che avevo scordato. E l’album di fotografie della mia vita torna completo, anche delle foto meno importanti, di quelle strappate che per qualche ragione tornano intere, lucide.

Così, ritornando ad essere completo, l’album delle fotografie della mia vita riacquista senso. Perchè oggi sono figlio dei miei dolori, innanzitutto, e delle sofferenze in cui ho incespicato. E tenerli lontano dai miei ricordi è un’operazione vigliacca innanzitutto. Poi inutile. E sono figlio delle gioie e delle persone che hanno condiviso quest’animo irrequieto che ogni tanto si rilassa sull’amaca di certe righe, scritte con ruvida consapevolezza che solo lì certe ansie possono trovare ristoro.

Così, adesso, sento di avere un passato un po’ triste, un po’ allegro. Alchimia della vita. Sento delle responsabilità che non ho e ignoro, forse quelle che ho. Incoscienza indiscutibile.

L’ultimo ricordo dolce, nella prima pagina pulita dell’album, sono tre donne vive che chiedono di poter conoscere Fernando Zelante. Al suo ritorno.

A presto, 

Roberto

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