Alla fine di ogni strada
Alla fine di ogni strada c’è qualcosa.
Non ci sarebbe una strada se non portasse da qualche parte. E se quel luogo da raggiungere non avesse senso d’esser raggiunto. Alla fine di ogni strada c’è un ricordo. Alla fine di ogni strada c’è un sorriso.
Ho sempre pensato, l’ho pure scritto da qualche parte, a chi le strade le costruisce.
A quell’andare avanti senza poterci contare, a quel voler raggiungere un luogo senza sapere come, a quell’inventarsi eventualità di percorrenza come giochi per bambini. Ho sempre pensato a chi procede senza certezze, senza strade che altri hanno preparato, asfaltato, provato già, raccontato.
E ho sempre pensato che quell’andare così, senza alcun riferimento, valesse di più. Perché consente ad altri di seguire le nostre direzioni, raggiungere luoghi che altrimenti mai avrebbero toccato. Ho pensato che valesse di più perché quell’indovinare, quasi, i luoghi che meritavano d’esser raggiunti è qualcosa di pionieristico, denso, colmo, unicamente intenso.
E ho cominciato a farlo per gioco. Indovinare luoghi e cercare di raggiungerli. Pormi obiettivi e rincorrerli. Intuire orizzonti e desiderarli. Ho lavorato talvolta duramente per fare due passi soltanto, e talvolta sono andato liscio per chilometri che pareva volassi. A volte ho avuto paura di rincorrere luoghi inutili, altre ho scoperti luoghi splendidi per caso, mentre ne cercavo altri.
La vita, proprio così è la vita.
Da un po’ di tempo rincorro luoghi a cui tengo. Luoghi a cui tengo senza esserci mai stato.
Ho per la mente di realizzare questa raccolta di racconti a cui lavoro da qualche mese. Sono in dirittura d’arrivo. E sono soddisfatto. Come ogni volta che la strada si conclude c’è nostalgia. E un po’ di rimpianto per qualcosa che nemmeno sai bene cos’è. Alla fine di questa strada c’è un libro pieno di parole. Parole non mie, parole d’altri. Alla fine di questa strada c’è un mucchio di carta rilegata e stampata, che ad aprirla la prima volta fa crack, e a sfogliarla lascia segni sul cuore. Bello. Adesso c’è l’attesa, perché nessuno ha detto che l’orizzonte è uno, può darsi che la vita ne contempli molti, e può darsi che vivere altro non sia che abbracciarne sempre di nuovi. L’orizzonte che ho davanti adesso, a portata di sguardo, si chiama “Scrivimi di questo tempo”, e ha preso forma, dimensione, colore, grazie a un gruppo di quasi coetanei che ha la mia stessa passione.
Alla fine di questa strada c’è l’arrivo, che come ogni arrivo è una nuova partenza. Alla fine di questa strada ci sono tutte le parole rincorse e percorse, tutti i fremiti che le hanno provocate, tutti i dolori che le hanno giustificate.
Dunque ecco. Dunque ancora. Dunque penso. E paziento qualche altro tempo, l’attesa rende piacevole sempre più il risultato.
E ricevo dalla scrittura l’ennesima conferma di esistere.
Roberto