Hanno detto,  Quando torna

La recensione di Fabio Pierangeli su “Il cavallo di Cavalcanti”

Riporto la parte finale dell’articolo intitolato “Tutti gli Io che sono stato – Narrativa giovane, qualche approfondimento” a firma di Fabio Pierangeli, pubblicato sulla prestigiosa rivista “Il cavallo di Cavalcanti” (anno 2 numero 3, edizioni Azimut), semestrale di cultura narrativa e critica letteraria.

Dopo aver parlato dei libri di Paolo Di Paolo (Raccontami la notte in cui sono nato – Giulio Perrone editore 2008), di Paolo Giordano (La solitudine dei numeri primi – Mondadori 2007), di Chiara Gamberale (La zona cieca – Einaudi 2008), Fabio Pierangeli, che ringrazio per le parole, parla anche di Quando torna.


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In Quando torna di Roberto Pallocca, Robin edizioni, 2008 (segue all’esordio con Sovera, Giusto un amore del 2006) il lieto fine è già inscritto nel titolo, che deve leggersi affermativamente,senza il dubbio del punto interrogativo: un piccolo significativo esempio di come si possa partire all’inverso della incomunicabilità, nell’attesa certa, nell’equilibrio, non cercando sempre lo spasimo. Si legga l’intensa nota finale, l’amicizia con quello che diverrà il protagonista del libro: «Ma la cosa che più mi colpì di lui era quel parlare di Rossana come di un futuro. Di un futuro di sessant’anni fa. Io ascoltavo, mi chiedevo come ci si possa sentire così vivi a 83 anni». Pallocca rischia piuttosto il buonismo, e qualche volta cade nella rete di un tono melenso. Eppure, come ha brillantemente mostrato ad una presentazione del libro Marco Onofrio, il romanzo tiene egregiamente grazie alle verità sentenziose, che impastano furbesca e fresca visione giovanile a una saggezza millenaria. La storia è quella di un amore contrastato dal fascismo e dalla guerra tra un giovane romano (belle le pagine di esplorazione della città, nella ricerca dei luoghi d’amore, alla panchina del giardino degli aranci) e la giovane figlia di un diplomatico americano, costretta a rientrare in patria all’entrata in guerra degli Stati Uniti. Storia vera, avrà un epilogo (maturato, la realtà vince la fantasia, quando Pallocca lavorava al romanzo) dopo più di sessant’anni, attraverso il più banale e sicuro artificio della fiction: una lettera: «Poi arrivò la lettera, la cui attesa, aveva, in sostanza l’età della figlia che lui fino a quel momento ignorava di avere. E lui ebbe d’improvviso tutte le ragioni del mondo. E la storia, di cui lui mi aveva parlato e riparlato, non poteva più restare in quel luogo dove restano le storie che nessuno racconterà mai».

Storie dunque, di un universo giovanile in fermento, al di là delle etichette e spesso in angoli purtroppo poco conosciuti, di cui, di fronte ad un panorama tanto vasta da impedire veloci classificazioni, si è portato qualche esempio. Mi piace concludere con l’idea di destino descritta da Pallocca, per permettere all’eventuale lettore di confrontarla con quelle di Lucien, dei numeri solitari di Mattia e Alice, con la zona cieca di Lorenzo.


Fabio Pierangeli

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