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Andarsene è un mestiere triste

Quanto tempo hai viaggiato, prima di sentirti a casa?

Quanto tempo hai fatto sussultare cuore e fiato, prima di posarti a respirare? Prima di fermare gli occhi avidi di mondo e gestire la sensazione che sia proprio questo, più degli altri, il posto in cui restare, in cui esistere, in cui essere quello che senti di essere?

Quanto tempo, quanto, prima di ascoltarti? Prima di riuscire a fregartene del frastuono sterile di un mondo sordo, e sintonizzare le frequenze dei tuoi sogni, del tuo cuore, del tuo animo?

E adesso? Adesso che sei qui, che cosa vuoi? Sei tu che hai deciso di restare, di piantare la tenda, costruirti una casa, ripararti dal vento. Cosa vuoi? Mi sembra chiaro che qui non ci sia tutto, in ogni luogo manca qualcosa. E scegliere un luogo è come scegliere qualsiasi altra cosa: innanzitutto è rinunciare a tutto il resto.

Adesso sei qui, eccoti, e ti lamenti che non sei altrove. E ti lamenti di aver sbagliato ancora. E decidi di andartene. Di andare via. Lontano. Ancora. Eterno viaggiatore insoddisfatto. Eterno pellegrino della vita. Quando ti basterà? Ma ti basterà?

Te ne vai da sempre, te ne vai per mestiere, ma andarsene è un mestiere triste. Perché chiude come cerniera, divide come confine. Vai via da persone, cose, luoghi, ricordi, malinconie. E non torni mai indietro. Perché indietro non si torna. Il futuro è avanti, è poi, è dopo. E le persone che disperdi nel mondo come semi, poi fioriscono, poi germogliano, poi sono. Ma tu vai a essere altrove.

Vai via senza tornare, senza pensare che dietro alle spalle ci sono strade tali e quali a quelle che rincorri con speranza. Strade già percorse, che hanno smesso di essere eventualità e si sono intrise di te, e di te adesso sono colme. Dietro ci sono orizzonti al contrario e panchine per riposare, pasti caldi e acqua potabile, coperte per scaldarsi e risate pulite e piene. Dietro, le strade portano comunque da qualche parte.

Ma tu vai via, perchè via è il luogo in cui ti senti meglio. E nessun altro luogo come l’andartene ti fa sentire a casa. E andarsene diventa una direzione che chiami casa, diventa incontrare persone che chiami amici. Andarsene diventa la vita.

Non sei qui. Non adesso. Eppure ti vedo. Non sei alla ricerca di parole che sappiano fare il loro di mestiere. Raccontare. Raccontare quello che possiedi nel cuore. Quello scrigno di certezze di vetro. Quei ricordi che tagli saggiamente, che ripudi coraggiosamente. Non sei qui.

Sei di fronte a una valigia aperta, sul letto, zeppa di vestiti sporchi, zeppa di souvenir dimenticati. Una valigia di chi è appena tornato. E ancora si deve togliere di dosso il sapore di treni, di aeroplani e di letti ogni notte diversi. Una valigia nemmeno disfatta, che tanto disfare le valigie è così sciocco. Un valigia appena aperta e già richiusa.

E pronta a un altro viaggio.

Roberto

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