Si sta facendo sempre più tardi
Si sta facendo sempre più tardi. Sempre più tardi.
L’orologio impazzisce, il ventre stretto della clessidra si allarga a dismisura. Si sta facendo sempre più tardi, lo senti chiaramente. Ti guardi intorno, con una piroetta, e vorresti dirti che non è così, ma il mondo ti cambia addosso, ti cambia sopra, ti rovina sulla schiena, ti frana sulle mani. E spesso raccogli cocci di qualcosa che nemmeno ricordi.
La vita procede, a volte ti chiedi perché, come, ma procede. E procede come vorresti, piena di fatica, piena di addoloranti domande, e di problemi, ma anche di altro, anche di sogni, anche di gioie, anche del resto. Hai smesso di lamentarti, perché per lamentarsi occorre del tempo e il tempo va centellinato come l’acqua nel deserto, come cibo in carestia, come carezze in tempo di guerra. Ed è sempre meno. Si sta facendo sempre più tardi.
In questa fase della tua vita devi ammettere che hai paura. Perché i sogni e la realtà sembrano alternative pericolose, perché sognare non costa nulla, lottare per realizzare i sogni forse troppo. Viverli quando li hai realizzati sicuramente troppo poco. Hai certezze, poche ma ce l’hai. E sono racchiuse entro attimi lunghi e profondi, uguali a tutti gli altri, solo con la dignità di durare quanto basta per cambiare la vita. Credi nel lavoro, nella passione, nel talento. Credi che si possa arrivare da qualche parte indipendentemente dalle strade, dai binari, dalle rotte. Perché hai compreso che la voglia di arrivare c’entra poco con tutto il resto, e che è lei forse a considerare traguardi momenti come tanti altri. I traguardi non esistono, perché la vita, dopo, continua sempre, e quel che pensavi un traguardo è solo una tappa. La differenza è sottile, ma ad un traguardo si arriva, su una tappa si passa.
E poi le parole, altra certezza. Non le vuoi come spose, non come invadenti compagnie, ci mancherebbe, ma come utensili, come piatti, come forchette, come pale e secchi, cacciaviti e martelli. Parole che sanno fare qualcosa, dirla, darle forma, dimensione, colore. Raccontarla.
Hai più ricordi di un archivio nazionale. E più speranze di una popolazione intera. Eppure a volte sembri così stanco. Ti perdi dietro illusioni misere, tramonti a metà, dolorosi passati e futuri incerti. Però non hai dimenticato come si sorride e questo ti pare un ottimo strumento da giocarsi nella quotidiana serietà.
Non sai cosa capita a 28 anni, perché non li hai avuti mai. Sai che si è ragazzi, ancora, e uomini, già. Sai che la distanza tra i prati coperti da corse a perdifiato e una casa tua in cui rifugiarti con la donna che ami aumenta sempre di più, e ti pare questa la vita.
L’orologio corre e non c’è mai una volta che le lancette si fermano e riposano. Mai. Le lancette degli orologio sono la cosa più egoista che conosci. Sempre a correre, sempre a volare. E tu puoi guardarle, contarle, aspettarle, mai sperare che riposino. Ancora non sai dove stai andando e ti viene da ridere. Da fuori sembri così sicuro, così spedito, così uomo. E invece sei disperso. Sei completamente incerto, aldilà di quel mucchietto di certezze di cera, di sicurezze di cristallo, non sai dove raccapezzarti.
Qualcuno ti dice che devi crescere. Qualcuno ti dice che hai 35 anni. Qualcuno ti ricorda che questa vita è un attimo e che mentre ti fermi a pensarla è già volata via. Poi c’è qualcuno che ti abbraccia e non ti dice nulla. Qualcun altro che parla parla parla e non ti abbraccia mai. Qualcuno ti vorrebbe accanto e qualcun altro addosso, qualcuno dentro, qualcuno più.
C’è qualcuno con cui ami vedere i tramonti e qualcuno che ama guardare i tuoi, quelli che hai nel cuore. Qualcuno che capisce le tue parole e qualcuno che invece vorrebbe che capissi le sue. Qualcuno esige attenzioni, qualcun altro le dona. Qualcuno ti stimola, altri per niente. E poi ci gireresti il mondo con chi sai tu, mentre con molti nemmeno un caffè. Ma che ne sai, sarà la vita che ti priva della pazienza, e fa filtrare il passato dentro sabbiere sempre più fine.
C’è spazio, nella tua vita, ma molti non l’hanno capito. E c’è tempo, anche se si sta facendo sempre più tardi.
Perché tardi è una parola inventata per mettere fretta. Nessuno può sapere quanto tardi sia adesso, perché nessuno sa veramente quanto gli resta ancora a disposizione di questa vita. Nessuno. E allora tardi è un concetto inutile, una spina nel fianco che non ha ragione di esistere. È sempre presto, o forse è sempre adesso. Sempre e solo adesso. Si sta facendo sempre più tardi, ma è sempre e solo adesso.
E non è che nella fretta di andare di dimentichi di vivere?
Roberto
P.S. Ah, domani è il tuo compleanno. Sono 28, auguri eh! E scusa se te li faccio prima, ma domani non avrò un attimo di tempo.