Hanno detto,  Giusto un amore

Parole di LUCILLA

Tempi moderni nella capitale d’Italia, in cui si consuma la più tradizionale delle storie di ordinaria consuetudine. Una di quelle che non scandalizza più neanche il prete, e vola ancora sulle bocche delle portinaie. Una storia comune, semplice, che scorre come un brivido sulla spina dorsale di tre mondi differenti.

Gianni Frestella. Cecilia Rinaldi. Therèse Carlèn. Tre corpi. Tre vite. Tre destini ad intrecciarsi. Gianni – come non immaginarselo così – è un teorico di successo, uno studente modello che percorre sempre la strada giusta, fino in fondo, fino ai migliori risultati. Fino alla fama e alla notorietà. Procede sempre spedito come un treno, lucido come una lama tagliante. Gianni non sbaglia mai. E non sbaglia mai soprattutto nell’amore. Lui è – come dire – l’esperto d’amore. I suoi studi, la sua carriera sono dovuti alla sua teoria dell’Amore Giusto. Parla, teorizza, espone come se la sfera dei sentimenti fosse un quadro algebrico di cui già si conoscono tutte le incognite. Ed è talmente alta la soglia della sua convinzione che non può certo ammettere di non aver trovato la donna perfetta, in Cecilia.

Cecilia è una fanciulla affabile e docile. Una bambina, in confronto al titano che le preme vigorosamente la mano, e che silentemente la sospinge. È la donna perfetta, la moglie attenta e premurosa. La dea che gioca a fare l’amante e la mamma. È la donna che scansa tutta sé stessa, per lasciare spazio al suo uomo, al suo bambino. È l’amore, nella geometria astratta di Gianni Frestella. L’amore senza incognite. L’amore costruito. L’amore teorizzato. Seppur felice.

Entrambi sanno di amarsi.

E poi c’è Therèse. Banale dire ‘l’incognita non prevista’. Davvero banale. Eppure Therèse non era prevista. Therèse, con la sua dialettica, la sua maliardica intelligenza. Therèse, con la sua sprezzante padronanza. E il suo corpo. Un corpo troppo diverso. Troppo spiazzante. Gianni non è preparato a tutto questo, e ciò è facile da immaginare.

Tre corpi. Tre vite. Tre destini che continuano ad intrecciarsi. Paurosamente e dolorosamente. L’aura eterna di Gianni e Cecilia è in un lampo sconvolta, come un cristallo incrinato da un suono stordente. È l’equazione matematica che non torna più. È la violenza di un sentimento che non ha altro significato se non nel vissuto di battiti del cuore. È «quel normale senso di inadeguatezza che coglie ogni mente lucida».

E allora? Cosa c’è da raccontare? Giusto una storia di abitudini tradite? Giusto uno dei tanti amori? Giusto un amore?

La verità è che questo libro non è nato per raccontare una storia. La verità è che questo libro si impone come un’increspatura in un lago piatto, e sobilla come una domanda, che non pretende una risposta.

Lo si vede crescere, passo dopo passo, nella mente del narratore, che sovrasta ogni situazione con il suo sguardo onnisciente, solleticando il suo uditorio nella teatralità di una meta-letteratura. Si diverte a registrare analiticamente ogni minimo dettaglio, come il più provetto dei giornalisti, senza rendersi conto che ormai il dramma lo ha divorato, e ne è dentro fino al midollo.

Lo si sente vivere sulla pelle, graffiare dolorosamente con i suoi dubbi malsani, con la velocità di uno stile mordace e accattivante. Vi è una voglia malefica di fare male, di colpire con la lucidità di una scrittura poetica e delicata, con il nitore di una narrazione concisa e diretta, che non perde mai di vista il suo potere d’immagine. Le immagini, che scorrono come su una pellicola in celluloide, contrastanti e sconvolgenti nella loro dinamicità.

Lo si sente crescere, attimo dopo attimo, nell’animo di un noi, empatico, simbiotico, solidale, che si stringe tutt’intorno ai personaggi, come a dare consiglio, supporto, amore.

Come a chiedere consiglio, supporto, amore. Come a voler piangere insieme. Cambiare insieme. Soffrire insieme. Fino a creare un dialogo muto tra personaggi, interni ed esterni, tra chi vive, chi scrive, chi legge, nella ricerca disperata di una risposta saggia e sovrumana. Una risposta che però non risiede in un altrove magico, ma che evidentemente sta solo nella forza delle onde scarlatte del proprio cuore.

Nessuna verità viene imposta. Nessuna sentenza proclamata. Nessuna teoria postulata. Solo la vita, che con i suoi paradossi, ti si presenta e ti scarabocchia un quadro. E sta solo a te capire come tornare a donargli colore. Ognuno il suo modo. Ognuno il suo amore. Ognuno la sua scelta.

È un libro che non vive di sola storia. E’ un libro che apre squarci sterminati tra le righe, in cui il non-detto colpisce come un pugno nello stomaco. Perché arriva più vero di un oceano di parole. È un libro che pretende di essere letto con un solo respiro.

Perché lo toglie, fino all’ultima pagina.

Lucilla

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