Un pensiero sugli incidenti
Mentre scrivo, alla tv si parla dell’incidente sotto la metro a Roma. Un morto, più di duecento feriti. Una tragedia che poteva rivelarsi molto ma molto più tragica di quel che è stato. Un segnale rosso. Una telefonata di via libera. Un macchinista che non avrebbe rispettato la velocità prevista. E il classico carosello di testimonianze dei parenti della vittima, degli amici, dei vicini di casa.
Tutto un calderone di parole. Una fresca giornata di sole fuori, da poco riaperto il servizio metro dopo l’incidente. La gente vorrebbe prendere la metropolitana come la prendeva ieri, prima dell’incidente, con quella stupida preoccupazione dei soli attacchi terroristici, di cui si parla da tanto, di cui si ha tanto paura e che, in sostanza, poi si teme solo per una moda. C’è stato il tempo in cui si temeva l’Aids, la paura dello sbarco degli alieni, quella di una guerra nucleare, e tanti altri “momenti”. Oggi si teme il terrorismo.
Invece non ci sono solo gli attacchi terroristici, come sembra. Lì, sotto 50 metri di terra, può accadere qualcosa che non c’entra nulla con l’estremismo islamico e che devasta, che uccide, che addolora altrettanto. Un errore. Un errore di un uomo che è inutile colpevolizzare senza aver capito bene cos’è successo, cosa l’ha spinto e indotto a sbagliare.
Ah, dimenticavo. Il prossimo che mi dice che non siamo in guerra mi farà arrabbiare.
Vi rendete conto che qui siamo quasi allo scambio dei prigionieri? Ci chiedono un musulmano che si è convertito al Cristianesimo e si è rifugiato in Italia (cosa imperdonabile, ovviamente) per darci indietro un italiano catturato. Se non è guerra questa! Solo che è una guerra un po’ più invisibile, una guerra silenziosa, che agisce esattamente da dove il cervello smette di percepire il concreto. E a noi, questa società e questa tv, insegnano sin da piccoli a dare poca importanza a quel che non è strettamente concreto. Siamo piccoli operai della vita. Senza più tanto spazio per riflettere, per pensare, coltivarci, approfondire. Facciamo parte di uno sfondo, di un background che non possiamo in alcun modo influenzare, ma in cui viviamo, nostro malgrado, con tutto ciò che dentro comporta vivere senza poter influenzare la propria vita.
Un pensiero va alla ragazza che ha perso la vita nell’incidente delle Metro, Alessandra Lisi, e un secondo al prigioniero in Afghanistan, Gabriele Torsello, che possa presto tornare a casa.
A presto,
Roberto