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Inciampi e convinzioni

Ad ogni passo si rischia di cadere. C’è un istante preciso, esatto. Una gamba è sollevata e protesa, l’altra ha appena dato la spinta per quel piccolo balzo in avanti. È adesso. Ora. L’istante è questo. Il passo è in corso, ancora non è stato compiuto, siamo a metà tra dove eravamo e dove saremo.

Questo è il momento in cui potremmo finire a terra.

Però non succede, non stavolta. E la gamba che aveva spinto adesso si protende, quella protesa spinge. Si passano il testimone, senza snaturarsi. Alternano le due funzioni con semplicità. Sono fatte per questo, e questo fanno.

Noi siamo sopra, ci lasciamo portare. E rischiamo ancora, rischiamo di cadere, di inciampare, perdere l’equilibrio. Rischiamo di slogare caviglie, sbucciare ginocchia, con estrema inconsapevolezza, con sciocco incedere superbo e sicuro.

Ad ogni passo rischiamo di cadere. E continuiamo a camminare, tranquilli, perché fino ad oggi non è capitato ancora, e quell’asfalto pare così lontano, improbabile. Pare fuori luogo. Gamba avanti, gamba che spinge. E non cadiamo. Non ancora, nemmeno stavolta. E allora via, senza pensare più alla strada che percorriamo, senza badare ai passi, senza contarli, o dare loro dignità.

Stiamo in equilibrio, fingiamo un’agiatezza insensata. Ostentiamo benessere, regaliamo sorrisi, spruzziamo energia e vigore, concediamo gioie, soddisfiamo aspettative. E urliamo amore come fosse l’asta di un equilibrista impeccabile, elemento imprescindibile per continuare il teatrino dell’equilibrio.

Gamba avanti, gamba che spinge. E non cadiamo. E ci vestiamo per le grandi occasioni, e amiamo col cuore in gola, facciamo l’amore in apnea, dipingiamo i paesaggi nei quali vorremmo vivere. Facciamo progetti, siamo bravissimi a sapere quel che vorremmo dalla vita, molto meno ad ottenerlo con dedizione e sacrificio, ma in fondo cosa importa? Andiamo sempre avanti noi.

Gamba avanti, gamba che spinge. E non cadiamo, nemmeno stavolta. Facciamo compilation da ascoltare nei momenti up, e quelle da evitare nei momenti down. Abbiamo punti deboli, ma non sappiamo riconoscerli. Piangiamo da soli, quando riusciamo a piangere, e riponiamo sempre le lacrime in cassaforte, al sicuro dai malintenzionati. E riempiamo social network di parole, come fossero parole vere, come fossero  occhi, mani, calore. E ci sentiamo vivi, vivissimi, al centro di incidenze precise del mondo. Significative. Poi un inciampo e… su, stiamo ancora su. C’è mancato poco, ma stiamo in piedi. Ancora. Superstiti. Inattaccabili. Piccoli Titanic da allevamento.

Gamba avanti, gamba che spinge. Incespichiamo. Ma ci riprendiamo, restiamo in equilibrio. Non cadiamo. Oh, no. Noi non cadiamo. Non cadiamo mai, neppure stavolta. Non siamo fatti per cadere. Non cadremo mai. Ma non ci chiedete conto di questo, perché non ammetteremo l’arroganza di questo pensiero. Abbiamo troppo da fare, troppo da camminare, per cadere. Cadere è tempo perso. Chi se lo può permettere? Noi abbiamo registi preferiti da seguire al cinema ogni volta che fanno un nuovo film, e luoghi di vacanza prediletti che ci attendono per la stagione estiva, e viaggi che sogniamo di fare da quando eravamo piccini. Li faremo, li faremo senz’altro.

Gamba avanti, gamba che spinge. Una buca, cazzo, una buca. L’abbiamo vista in tempo. Era un cratere. Saremmo finiti a gambe all’aria. Ma noi le buche le vediamo sempre in tempo. Le evitiamo, le saltiamo, le beffeggiamo. Le buche sono prevedibili, stanno ferme. Chi cade in una buca è proprio scemo. Non esistono altre definizioni.

Gamba avanti, gamba che spinge. E poi noi non ci fermiamo mai. Nemmeno a riprendere fiato. Sì, è vero, forse trascuriamo troppo qualcuno, forse a volte dimentichiamo come si ama. Ma andiamo sempre avanti. È questa la cosa più importante: non cadere, non perdere tempo, non restare indietro. Gamba avanti, gamba che spinge. Abbiamo le nostre malinconie, di cui siamo portatori sani. Tradiamo la fiducia di chi ce ne concede a tonnellate, senza chiederci nulla in cambio. Abbiamo centinaia, migliaia di amici, e non capiamo perché ci sentiamo soli, certe volte.

E abbiamo mancanze. Mancanze dentro, mancanze fuori. Abbiamo lutti da gestire, omissioni da confermare, segreti da conservare. Abbiamo perso qualche amico per strada, perché non reggeva il passo, e abbiamo qualche ricordo che trascolora controvoglia sul fondo sbiadito della memoria.

Noi però siamo sempre in piedi, non cadiamo mai. Il resto cosa importa? Camminiamo. Senza sosta. Con attenzione, spavalderia, equilibrio e tutto il resto. Gamba avanti, gamba che spinge.

E alla fine ci capita di inciampare in noi stessi. Inciampiamo dentro, dove l’asfalto fa più male, e sfalda la radice di quel che siamo.

La sforma.

Fuori, magari, continuiamo persino ad andare.

Roberto

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