Archivio,  Blog

La vitalità del secondo posto

Ti alleni da una vita per questo appuntamento importante e il traguardo eccolo lì, è laggiù, lo vedi. E sei davanti a tutti. Come sempre.

Le gambe vanno da sole, stanche, felici. Non c’è nulla al mondo, in questo momento, che possa racchiudere la sensazione di sentirsi a qualche centinaio di metri dall’arrivo. In testa. Con centinaia di persone che ti rincorrono e che non possono più raggiungerti.

Eccoti qui. Da solo. Fradicio di sudore. Qualcuno grida il tuo nome, ti incita, crede in te. Qualcun altro batte le mani, tiene su le braccia, è felice. Ma sono pochi, perlopiù anziani, e non ancora stufi di vederti da anni sul gradino più alto del podio. Magari s’immedesimano, chissà. Magari vedono in te la vita che avrebbero voluto vivere e che per qualche sciocca ragione – come sempre succede – non hanno vissuto. La tua carriera, che non ha conosciuto flessioni, è l’esatto opposto delle loro piccole vite, che al contrario non hanno mai avuto veri picchi significativi. Sei un vincente, e lo sei per tanti motivi. Abnegazione, costanza, sacrificio. Puoi tranquillamente vivere solo di strada, polmoni, fatica. E in sostanza di questo hai vissuto.

Traguardi.

Non ti è bastato vincere. Hai voluto dominare. L’ultima vittoria è di appena un mese fa. Hai tagliato il traguardo e il secondo classificato ancora non si vedeva dietro l’ultima curva. Quando è arrivato, tu già stavi rilasciando un’intervista in mondovisione. È una questione di residui la vita, di quel che c’è oltre ai doveri, agli obblighi, alle fatiche e alle gioie. È una questione di scelte. E tu hai sempre scelto di correre e di non fare altro. Non c’è stata partita con nessuno. Perché tutti gli altri oltre a correre vivevano.

E poi capita così. Che abitui tutti alle tue vittorie, persino te stesso. E chi scommette su queste cose, punta tutto su di te. Diventi una puntata sicura, di quelle che piacciono agli scommettitori incalliti. Tu corri e vinci, gli altri già sanno che correrai e vincerai. E sembra tutto eterno. E non importa se tra una gara e l’altra hai passato dieci ore al giorno in mezzo ai boschi e su e giù per le vallate a migliorare la respirazione, il ritmo e la cadenza della tua corsa che è già la migliore che c’è. Non importa. Alla gente interessa il risultato, non il percorso per raggiungerlo.

In questi ultimi tempi, però, hanno messo in giro voci su di te. Dicono che ormai sei cotto, che l’età si fa sentire, e che nonostante le vittorie sarebbe successo a breve che non avresti avuto più le energie, lo slancio, la caparbietà per arrivare in fondo, per arrivarci primo, per vincere ancora. Hanno cominciato a scommettere al contrario. Hanno cominciato a scommettere non più sulle tue vittorie, ma sulle tue sconfitte. Nemmeno importa se arrivi secondo o ultimo. La notizia sarebbe che a vincere non fossi tu. Così va la vita.

Quando si è abituati ai primi posti, e tu arrivi primo da anni, c’è qualcosa di simile al tiro al bersaglio. E si gioca sul declino. E tu non pensi più a vincere in termini di vittoria, ma a vincere come una non sconfitta, così nessuno potrà dire che stai cadendo, declinando, peggiorando.

E perdi la gioia di vincere.

E ti alleni per non perdere.

E smarrisci la pienezza della soddisfazione di un traguardo.

E il traguardo diventa statistica.

E la gara diventa la vita.

E i boschi e le vallate diventano più bui.

Ti passa questo per la testa. All’improvviso. Così rallenti. Adesso. Non ti fermi mica, non abbandoni la corsa. Darebbe troppo nell’occhio e dovresti passare settimane intere a dare spiegazioni a tutto il mondo. Rallenti. Puoi rallentare, no? Puoi essere stanco? Puoi esserti infortunato? Puoi avere o no un semplice doloretto dietro al ginocchio? Puoi sentire o no una fitta improvvisa alla caviglia?

Rallenti. E tutto intorno ti sembra così diverso. Così pacato. I tifosi t’incitano ancora di più, con più convinzione. Riesci a togliere gli occhi dalla strada, cogli un bambino che sorride in braccio al padre. Il traguardo è una promessa, non più una semplice tappa. E ti sembra di ascoltare il radiocronista che cerca tutto concitato di capire perché corri semplicemente, invece di volare.

Rallenti. E da dietro la curva spunta chi ti rincorre. È da solo. Esausto. Ti vede. Si accorge che recupera terreno e prende coraggio. Ha le gambe attorcigliate dalla stanchezza. Eppure corre. È giovane. Avrà dieci anni meno di te. E il sogno di vincere. Di iniziare con una vittoria così importante la sua carriera da corridore.

Rallenti. E il traguardo è lì, e lui è appena dietro di te, qualche metro. Se potesse ti sparerebbe alle gambe. Sta dando tutto. Anche di più.

Rallenti. Ancora. E un attimo prima del traguardo lo fai passare. Fai in tempo a incrociargli lo sguardo avido di vincere, gli occhi lucidi. Fai in tempo a sentire la scia di gioia che si porta addosso.

Ha vinto. Si è commosso. E tutti corrono ad abbracciarlo, è circondato da giornalisti, telecamere, amici. La sua compagna gli porge suo figlio, gli asciuga il sudore, ed è una festa. Persino il suo vecchio allenatore scende in lacrime sul traguardo a complimentarsi (a proposito, perché tu non hai mai voluto un allenatore?).

E tu sei arrivato secondo. Ma forse così sereno non lo sei stato mai. Non vedi l’ora di tornare ad allenarti, per dimostrare a tutti e a te stesso che sai vincere ancora e tornerai a farlo già dalla prossima volta.

Roberto

Questo sito utilizza cookie per migliorare la tua esperienza di navigazione, inclusi motivi di sicurezza.