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Natale?

Natale. Manca una settimana. La corsa ai pacchi pieni di pensieri è già cominciata e non puoi fare a meno di trovartici dentro. Tuo malgrado.

Io sono di una precisa scuola di pensiero: libri, regaliamo libri che contengano emozioni. Un regalo che sa dire qualcosa è quanto di più bello possiamo donare. Ho piena la borsa di Garcia Marquez, Dostoevskij, Neruda e Saramago. Cercherò Calvino e Tabucchi, qualche più recente Pennac, Riccarelli, Mazzantini, un pizzico di De Andrè, qualche leggerissima parentesi di Ottocento con Maupassant, Zola, Flaubert. Un po’ di carta e qualche parola buona, per dedicare quell’universo di righe all’interiorità di qualcuno.
Personalmente mi sto riposando un poco. Ho finito di leggere “Le notti bianche” di Dostoevskij. Un libro che sa di lacrime, un amore che rinuncia a se stesso per la gioa di chi ama. Un granello di sabbia, in balìa del vento. Una caramella mezza masticata, un abbraccio a braccia aperte, un sorriso a denti stretti. Splendida tra l’altro la collana “I giganti” delle edizioni Il FIlo, in cui il libro è stato inserito da poco tempo. L’ho scoperta alla Fiera del Libro e devo dire che è molto ben fatta.

Ora ho iniziato un libro del grande Saramago: “le intermittenze della morte”. Come suo solito, Saramago immagina uno scenario paradossale, la morte che si rifiuta di far morire, il tempo che si ferma, all’improvviso, nessun decesso da un primo dell’anno imprecisato. E questo sciopero della vecchia donna con la falce è occasione incredibile per riflessioni acute e dolorose sulla condizione umana. Sulla tristezza di un’eternità.

Andando oltre le esperienze letterarie di cui è sempre bene parlare, ma non troppo, c’è da dire dell’altro. C’è una strana voglia di dire, intorno. Di parlare e comunicare, al di là dei messaggini col cellulare, delle email che connettono computer, delle voci metalliche di telefoni mai scarichi. C’è voglia di guardarsi gli occhi. Di stringersi le mani. C’è voglia di viversi ed è, per me, una sensazione positiva dopo altre e ben più inquietanti sensazioni di silenzio. Per questo, proprio in questi giorni, ho maturato la decisione di impiegare molte delle mie forze nell’organizzare occasioni di dialogo, questa forma di comunicazione che va sparendo ma che, alla fine, è la forma di comunicazione più completa. Vedremo, le idee sono tante. Il tempo non molto, ma la passione e la volontà spostano montagne.
Adesso c’è Natale. Ne riparleremo in “tempi migliori”.

Roberto

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