La prefazione di Dante Maffìa

Questa è la prefazione a Miniere cardiache del grande Dante Maffìa, che ringrazio di cuore per le parole e per la disponibilità.


Dodici racconti diversissimi tra loro ma accomunati dal linguaggio e da una tensione umana molto ben calibrata per rendere la pienezza della vita in diverse sfumature, in situazioni inaspettate ma comunque preparate da impercettibili avvertimenti.

Roberto Pallocca ha la mano felice nel delineare scene che sembrano incredibili e che invece si risolvono con una specie di naturalezza tutta personale, a cominciare dal primo, quel ritorno alla moglie da parte di Simone, e a finire a La semplicità della compagnia “che è la storia di un silenzio che all’improvviso smette”.

Abituato a farmi guidare dagli archetipi, anche senza volerlo, mi viene spontaneo cercare qualche antenato di Roberto Pallocca per poterlo collocare in una casella, in un capitolo della storia letteraria di questi ultimi anni. Niente, non trovo se non opachi residui di una certa letteratura americana o inglese. Ma forse un’affinità con J. D. Salinger si può scorgere, il Salinger dei Nove racconti, non fosse altro che per quella sorta di musica bizzarra che accompagna come sottofondo le vicende narrate.

Assistiamo a un ritorno dalla moglie e subito dopo, nel successivo racconto, ai dubbi che assalgono il protagonista sul lasciare o meno la moglie; e poi ai dubbi sul matrimonio, all’incidente di Marcello, alla miracolosa guarigione di Carlo e al catalogo variegato delle fidanzate di Confessioni di un equilibrista sentimentale, alla vicenda di Lara e Dario che ha dell’incredibile, e poi al Destino non accettabile, all’incontro del vecchio Giuseppe con una fanciulla, alla Semplicità della compagnia.

Ho tentato di capire se le dodici trame abbiano una qualche attinenza tra loro, per stabilire se la tenuta stilistica sia anche merito di fedeltà ai temi, ma, tranne qualche piccolo riscontro, mi pare che i racconti vadano ognuno per la propria strada, creando tuttavia un affresco, uno spaccato vivo e palpitante di vita odierna.

“La vita è vita solo se è condivisa”, scrive Pallocca ed è forse per questo che i protagonisti del libro cercano di uscire dal loro guscio di solitudine per entrare nel palpito degli scambi quotidiani.

Il merito del libro sta soprattutto nella espressività che, senza mai cedere completamente al parlato, riesce a dare le atmosfere in cui le scene avvengono. Pallocca ha la mano felice nel delineare gli aspetti esterni e interni di ciò che accade e lo fa con disinvoltura, senza mai caricare le tinte, tenendosi sopra le righe, in modo che tutto risulti vivace e direi coinvolgente.

Sul racconto mi viene sempre voglia di soffermarmi per dire che si tratta di una misura impareggiabile anche se gli editori, da alcuni decenni, non sono disposti a farli veicolare. Si dice che non si vendono, eppure molte delle opere eclatanti, di quelle che resteranno a testimoniare alcune epoche, sono racconti più o meno brevi, a cominciare dal Decamerone.

Ricordo sempre che negli anni ottanta dedicai un intero fascicolo de “Il Policordo” intitolando “Perché il racconto”, con testimonianze di Giuseppe Pontiggia, Enzo Mandruzzato, Piero Chiara, per fare soltanto qualche nome. Tutti concordi nel definire il racconto la misura più perfetta della letteratura di tutti i tempi, non solo italiana. In effetti, il racconto permette di entrare e uscire da una realtà cogliendo l’essenziale e, poiché “al mondo ci sono migliaia di persone” (cito dalla citazione che Pallocca fa di Charles Bukowskj) diventa ovvio seguire la varietà degli esseri umani, la loro diversità di intenti, di pensieri, di azioni.

Roberto Pallocca ha il dono di saper cogliere a volo particolari che ai più sfuggono e li ferma con adeguata se non perfetta espressione, senza ridondanze, senza cercare effetti, senza dilungarsi in sfilacciamenti o in minuzie irrilevanti. Questo suo modo di fare gli ha permesso di essere sottilmente amaro, coinvolgente e imprevedibile, ironico e perfino spietato. E la vita è così, dunque egli l’ha fotografata nelle intersecazioni più disparate con una adesione ironica e partecipe, vivace e irriverente, ma sempre calda di gioiosa umanità.

Dante Maffìa

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