Parole dell’autore
Per tradire bisogna prima appartenere. – H. Philby
Cominciamo col capirci: Non per sempre è la durata di tutto. Smentitemi.
Di un ricordo, per cominciare. E di un amore, poi. Di una speranza, di un sogno, di un’amicizia, di un manto di rugiada dopo una notte un po’ più fredda. Ma anche di un raggio di sole. Non per sempre è la gioia che si fa dolore, il bicchiere che cade a terra dopo un bilico duraturo. Non per sempre è la durata di una malinconia e l’attesa per lo sbocciare di una rosa. Il tempo che impieghiamo per attraversare una strada, arare un campo, schiacciare uva e farne mosto.
E’ l’unica certezza, bianca o nera, a cui possiamo aggrappare la vita.
C’è la prima parte della vita, in cui viviamo come se fossimo immortali, la seconda in cui cerchiamo di dare ai momenti l’importanza e il peso che abbiamo intuito possano avere, e l’ultima in cui invece viviamo come se dovessimo morire da un momento all’altro. Ci sfugge un dettaglio. In realtà, nella vita, si può sempre morire da un momento all’altro. A questo, noi non pensiamo mai. Basta un istante per lasciare sospesi, per sempre, idee, progetti, persone, ideali, affetti, amori. Un istante.
Qui si parla di una storia semplice. Una storia che come ogni altra ha una clessidra poggiata su.
Qualcuno mi ha fatto notare quel che a suo dire era un titolo molto bello: Non per sempre. A me, nel momento in cui mi è sorto in testa, non sembrava granchè, perchè del resto è abbastanza scontato che qualcosa abbia questa tra le sue proprietà. In questo libro c’è molto di quanto ho pensato e penso sull’amore, sul rapporto tra uomo e donna, e sulle dinamiche che si verificano in un sentimento.
Ci ho messo talmente il cuore che adesso, che voglio scrivere qualcosa su questa ennesima avventura nel mondo della scrittura, sento di non avere granchè parole. Adesso soltanto avverto tutta la sua portata. E ricordo le valigie fatte di corsa, i biglietti acquistati senza pensarci, le scarpe allacciate sulle scale, e il viaggio, fatto lontano, fatto laggiù, da cui forse non tornerò più. Quando si scrive una storia si parte, e mica è detto che si torna.
Ho scritto questa storia dopo un’estate molto bella. L’ho scritta con la fretta limpida di chi sa cosa dire, perchè ce l’ha dentro da una vita. E’ incredibile come le parole prendano forma da un caos che si contiene da sempre. Incredibile come si accodano ordinatamente, ognuna al posto che sa, e cominciano a significare quel che il cuore non sapeva di sapere.
Questa storia nasce da un ritrovamento e da una fotografia, padri di due concetti che mi hanno rintronato come rumore addolorante. Per la prima volta ho consapevolmente compreso che da quel che mi accadeva stava nascendo una storia.
Il primo, il ritrovamento, è avvenuto così, come tante altre cose della vita. Vicino a un cassonetto, sono inciampato in una scarpetta gialla, taglia 21, spaiata, sola sola. L’ho raccolta e l’ho attaccata alla mia borsa, senza pensare a nulla che non fosse il desiderio di portarla via da lì, dove stava per smarrirsi. Un’occasione da concedere a quell’oggetto che aveva perso la sua metà, e credeva d’aver perso anche la capacità di andare. Invece no, invece si va anche da soli.
La seconda è una fotografia che ho ritrovato per pura coincidenza. Quelle foto che negli album non c’entrano e le lasci ammucchiate alla fine, senza tenere a mente che quando andrai a riprendere quell’album dall’armadio, quelle foto immancabilmente cadranno a terra. Quando ho raccolto quella foto mi ci sono ritrovato dentro. Un me stesso minuscolo, di chissà quanti anni fa, vestito da cerimonia. Con ai piedi magari scarpe di pelle numero 21. Ho provato subito la sensazione forte del tempo che vola, del tempo che passa e trancia e taglia senza ricucire mai. Del tempo che sembra sempre, invece è solo tanto. E ho pensato che dentro quell’abito da paggetto per me la vita era infinita, l’amore era infinito, la mia famiglia era infinita.
Da questi due piccoli eventi è nata la storia di Roberto e Vittoria. Una storia che dice tanto, non tutto. Una storia che parla chiaro, ma non lascia capire. Un rapporto infinito, finchè è durato. Un amore limpido, pieno di macchie sciocche.
Roberto e Vittoria siamo noi. Ognuno di noi.
Che abbiamo a disposizione tutta una vita per comprendere quel che si comprende solo in un attimo. Non per sempre è la durata di tutto.
Roberto