Curiosità: la copertina
Possiamo avere tutti i mezzi di comunicazione del mondo, ma niente, assolutamente niente, sostituisce lo sguardo dell’essere umano. – P. Coelho
“[…] E la copertina, infine. Gli sguardi che sono dietro alle parole, gli occhi che sono dietro a questo libro. Che hanno osservato il mondo, prima, pianto magari, e poi ne hanno scritto, in un puzzle di punti di vista necessario, imprescindibile, valorizzante. I giovani che sanno che passa nel dolore il senso della vita. E che vivere di agi, consumi e sorrisi può aver senso per una settimana, poi si ha bisogno di domande, dubbi, malinconie. Solo così si imboccano le strade che hanno una meta, che portano dove l’essere uomini è ancora importante, dove l’essere uomini ha ancora un valore.”
Dall’introduzione del curatore al testo
Due parole sulla copertina.
Quando chiesi agli autori scelti per la raccolta una proposta di copertina mi risposero quasi tutti con ottime idee. Ognuno di essi portò, così come aveva fatto per il racconto col quale partecipava al progetto, il suo gusto, la sua idea, il suo stile. Non è stato facile cercare una strada che piacesse a tutti, che in qualche modo desse merito a ogni idea e rispettasse ogni proposta.
Poi, col tempo che incombeva sulla consegna del manoscritto e della copertina, l’illuminazione. Si era parlato per tutta la durata del progetto dei modi in cui ogni autore esordiente aveva guardato il mondo per poi raccontarlo. Dunque il centro, il nucleo del lavoro di scrittura da cui aveva preso vita il libro, altro non era se non un lavoro di osservazione partecipante, di “cattura” visiva e attenta per poi riportare alla ribalta, attraverso la scrittura, un messaggio, una questione, un tema sociale più o meno caldo, più o meno attuale.
Da lì a comprendere l’importanza degli occhi che avevano visto, osservato, colto il mondo prima di scriverne, fu un istante. Così chiesi a ogni autore selezionato di inviarmi una foto del suo volto. Si prese la briga di ritagliarne gli occhi e dare alla copertina l’attuale grafica Sara Sambucci, amica, architetto e egli stessa autrice presente nell’opera. Non vorrei perdere questa occasione per ringraziarla di cuore del lavoro svolto.
Detto questo, vorrei concludere dicendo che afferrare il libro, tenerlo in mano, perdersi in quegli sguardi franchi, semplici, invadenti, mi sembra quanto di più onesto l’opera possa comunicare. Occhi giovani che raccontano il mondo. Questo ci si era proposti, questo la copertina per prima si prende la briga di suggerire.
Roberto