Parole dell’autore

La parola umana è come una caldaia incrinata su cui battiamo musica da far ballare gli orsi quando vorremmo commuovere le stelle. – Gustave Flaubert

 

Esistono incontri che sono già storie.

Te ne rendi conto da una sensazione leggera, quasi impercettibile, che ti accarezza le mani. Quasi un solletico. Vorresti avere un foglio bianco, una penna, qualsiasi cosa buona a ricordare, mentre accade quel che sta accadendo, mentre certi occhi ti guardano, certe voci ti parlano, certe atmosfere definiscono percorsi interiori che hai folle paura di perdere, smarrire.

A me tutto questo è successo su un treno, di notte. Un uomo piccolo, esausto. Due occhi infiniti.

Parlava come acqua che tracima. Come fiume che esonda.

E quelle parole erano semi, erano frattaglie di vita, schegge di qualcosa di incredibile che ci riguardava tutti, che riguardava anche me. Per un motivo semplice: Giuseppe parlava di come a volte il passato non abbia la forza sufficiente a passare. Di come resti. Di come diventi presente, e anche futuro, giorno dopo giorno. Di come si avvinghi alla vita, e se ne nutra, parassita, inibitore, grandinata improvvisa che azzera di tanto in tanto ogni ricrescita.

Mentre parlava pensavo a me, alla maggior parte delle persone che conosco. Pensavo a quanto sia difficile accettare che il passato passi. E che a restare spesso sono ricordi, spesso nemmeno.

E ho saputo da subito che ci avrei scritto qualcosa. Ho pensato spesso a quanta gente incontriamo, a quante storie muoiono, a quante storie dimentichiamo. E per paura di farlo ho scritto il suo nome – Giuseppe Artone – sul blocchetto che tenevo in tasca, come se il nome, quel nome, contenesse tutti i paralleli e i meridiani che aveva visitato, e le sue lacrime – tutte, una per una – e i sorrisi – quelli belli, quelli falsi, quelli incompleti – e le speranze tenute strette strette per non svilirle al sole, o al freddo, o al buio.

Quel nome avrebbe dovuto ricordarmi tutto. Invece poi non è bastato. Ma questa storia è stata scritta lo stesso.

Perché esistono incontri che sono già storie. Non puoi farci nulla. Devi solo accettare il rischio di raccontarle.

Provarci è un dovere. Riuscirci un miracolo.

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