Apparenza e identità
Non è facile, lo ammetto, spiegare perché in questi tempi di folle rincorsa al mostrarsi e all’esibirsi avverta improvvisamente l’esigenza di silenzio, quiete, raccoglimento.
Bolle di sapone
Le avevo qui, accanto al gomito che si muove nervoso su questa scrivania invernale. Le avevo vicine, impiastricciate nel maglione, come briciole di crostata, conservate oltre l’amore, oltre il petto, oltre le capacità umane di farne ricordo.Le avevo, lo giuro. Ti prego credimi.
Almeno una parola
ADDIO IN FORMA DI RACCONTO All’improvviso non seppe che dire. Non trovava nessuna parola, neppure una, neppure una delle migliaia con cui giocava ogni giorno, che potesse essere adatta a quel momento. Una parola che potesse riaprire discorsi interrotti, detergere zigomi lisi da lacrime incessanti. Una parola che potesse far galleggiare speranze affondate come piombo dentro un mare di eventi e di cose che ricostruire sarebbe stato impossibile.
Andarsene è un mestiere triste
Quanto tempo hai viaggiato, prima di sentirti a casa?Quanto tempo hai fatto sussultare cuore e fiato, prima di posarti a respirare? Prima di fermare gli occhi avidi di mondo e gestire la sensazione che sia proprio questo, più degli altri, il posto in cui restare, in cui esistere, in cui essere quello che senti di essere?
Viaggiare, ancora
Di ritorno da una presentazione del nuovo libro dell'amico Paolo Di Paolo (Ogni viaggio è un romanzo, Laterza) non posso fare a meno di pensare a me, alla mia vita. A questo viaggiare continuo e quasi nomade. Toccare senza farsi sentire, sfiorarsi senza contaminarsi. Andare e tornare, poi ripartire e tornare ancora. E il senso del viaggio qual è? Il senso di un viaggio. Viaggiare. Fermarsi. Riposare. Viaggiare, ancora.